Manca poco, alla manifestazione del 25 aprile. In realtà a Savona succederà molto (ma non tutto) il giorno prima. Perché Savona, città medaglia d’oro della Resistenza, si liberò il 24. Ci saranno molte cose, a Savona, per ricordare la libertà riconquistata: una bella fiaccolata la sera del 24 appunto, poi le deposizioni di fiori il giorno dopo, sui luoghi del martirio di tanti patrioti e poi, infine, la festa musicale sul Priamàr.
Savona è sempre stata all’altezza della propria storia. Anche se quest’anno ne mancherà un altro pezzo: Umberto Scardaoni, figura di primo piano della cultura e della politica cittadine e presidente dell’Istituto della Resistenza. Non ci sarà, in corteo e davanti al monumento di Agenore Fabbri, quando centinaia di persone si incontreranno per ricordare, ancora una volta, cosa vale la libertà. Ma molti si ricorderanno di lui.
Negli ultimi anni qualcuno ha detto che il 25 aprile è una festa di parte. Che invece di unire, divide. Qualcuno lo dirà anche quest’anno. Un imbecille si trova sempre, in questi casi.
Invece quella del 25 aprile è una festa di tutti. Perché la libertà è di tutti, anche dell’imbecille che puntualmente se la prenderà coi partigiani. Perché anche lui sarà libero di dire le sue stupidaggini.
Mi piace ricordare, in attesa della manifestazione, una singolare e bellissima coincidenza. Anche in Portogallo, il 25 aprile, è la festa della liberazione. Anche in quel caso da una dittatura fascista, quella di Salazar e, poi, del suo successore Marcelo Caetano. Durò fino al 1974, ma la rivoluzione che la sconfisse fu incruenta e persino poetica.
E’ passata alla storia come “Rivoluzione dei garofani” perché quei fiori ne divennero il simbolo. E cominciò con un segnale prestabilito: quando un dj di una radio cattolica trasmise “Grândola vila morena”, una canzone di Josè Afonso proibita dal regime.
La nostra rivoluzione non fu contrassegnata dai garofani e da una bella canzone. Ma da dolore, morte e devastazione. Ma da allora – dal 25 aprile 1945 – non c’è un italiano che non possa dirsi libero.
Per questo, in corteo, mi piacerebbe che ci fossero tutti. Ma proprio tutti. Quelli di sinistra e quelli di destra e pure i grillini. E sarebbe bello che quelli di sinistra non fischiassero gli altri, ma anzi li accogliessero con un bell’applauso.
Così, per dimostrare che davanti alle cose importanti – come la libertà – siamo tutti d’accordo.