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Il Transylvania, cento anni fa

39. Il Transylvania
Il Transylvania: quante volte abbiamo sentito pronunciare il nome di questa nave! E quante volte, in maniera confusa, abbiamo sentito raccontare, dai nostri “vecchi”, la storia leggendaria di questa nave, affondata da un sommergibile tedesco durante la Prima Guerra Mondiale… Col trascorrere degli anni, con il passare inesorabile del tempo, alla storia reale, inevitabilmente, si è finito per sovrapporre il racconto di fantasia, e alla vicenda semplice e tragica del siluramento del piroscafo inglese si sono andati aggiungendo, piano piano, particolari assolutamente fantastici o inventati di sana pianta. Ad un certo punto, addirittura, si cominciò a narrare di un tesoro che si sarebbe trovato nascosto all’interno del relitto, adagiato da anni sul fondale di Bergeggi; per non parlare della presenza di spie tedesche che si sarebbero aggirate segretamente a Savona, nei giorni precedenti l’affondamento, e che sarebbero sbarcate nottetempo dall’U Boot tedesco, in agguato nelle acque del mar Ligure; per non parlare della vicenda del Comandante del medesimo sommergibile che, pentito per l’azione da lui comandata dell’affondamento della nave inglese, avrebbe poi deciso di ritirarsi in un convento di Loano… Tutte “fake news”, notizie false, come le chiameremmo oggi, che hanno finito per creare nella mente di tanti un’idea confusa e distorta di ciò che era realmente accaduto.
Ma come andarono realmente le cose? Proviamo a raccontarlo, seppure in maniera succinta, sulla base dei documenti e delle fonti scritte pervenuteci.
La tragedia del Transylvania si compì il 4 maggio 1917. A quel tempo Savona era una città in cui fiorivano le industrie (la Siderurgica, prima fra tutte, che nel 1918 sarebbe stata ceduta all’I.L.V.A.) e che poteva vantare la presenza di un porto tra i primi della penisola per importanza, tanto da aver raggiunto il livello di 2.191.343 tonnellate di merci sbarcate sulle calate dalle navi giunte nel porto cittadino nel 1916: una cifra, quest’ultima, che rifletteva l’aumento delle importazioni di materie prime necessarie per la produzione degli armamenti da utilizzarsi nella Grande Guerra nonché di quei generi di primo consumo alimentare indispensabili per le truppe e per la popolazione.
La popolazione di Savona, durante la Prima Guerra Mondiale, era di oltre 50.000 persone. Sindaco di Savona era il cattolico Flaminio Becchi (1872 – 1936), che avrebbe ricoperto la carica di Primo Cittadino dall’8 luglio 1914 al 1° marzo 1919. Presidente del Consiglio, dal 18 giugno 1916, era invece il savonese Paolo Boselli (1838 – 1932), che sarebbe rimasto alla guida del Paese fino al 30 ottobre 1917, essendo stato travolto dalle conseguenze della disfatta di Caporetto. Un ruolo di rilievo aveva poi il liberale Giuseppe Astengo (1855 – 1936), già Sindaco di Savona tra il 1900 ed il 1902 e Deputato del Regno d’Italia dal 1904 al 1919.
La storia del piroscafo Transylvania aveva avuto inizio il 23 maggio 1914, data in cui era stato varato essendo stato costruito nei cantieri di Greenhock, in Scozia, dalla Scott’s Shipbuilding Company per conto della Cunard Line, una delle più prestigiose compagnie di navigazione britanniche, fondata a Liverpool nel 1838 da Samuel Cunard. Insieme alla nave sorella Tuscania, il Transylvania faceva parte della flotta della Cunard Line, che potava vantare la presenza di altri transatlantici, come il Mauretania, l’Aquitania ed il celebre Lusitania (quest’ultimo affondò il 7 maggio 1915, essendo stato silurato da un sommergibile tedesco U20: un evento che causò 1201 vittime, di cui 123 statunitensi). Lussuosa nave passeggeri in servizio sulla linea Liverpool – New York, il Transylvania era lungo 167 m. e largo 20 m. e aveva una stazza di 14.348 tonnellate. Nel febbraio del 1915 passò dalla Cunard alla Anchor Line, effettuando il primo viaggio da Glasgow a New York il 23 marzo successivo. Nel maggio del 1915, su richiesta dell’Ammiragliato britannico fu posto a disposizione della Royal Navy come piroscafo adibito al trasporto truppe, divenendo così il più importante mezzo di trasporto navale delle forze militari alleate operante nel mar Mediterraneo. Adibito a trasportare 200 Ufficiali e 2860 soldati, al momento del suo passaggio alla Royal Navy il Transylvania venne armato di un cannone da 75 mm. mascherato da una torretta, posto nella parte poppiera della nave.
L’ultimo viaggio del Transylvania ebbe inizio la sera del giovedì 3 maggio. Salpata dal porto di Marsiglia, la nave recava a bordo, oltre agli ufficiali e ai membri dell’equipaggio e a 64 infermiere della British Red Cross Society, circa 3.500 soldati di vari reggimenti destinati a rinforzare il Corpo di Spedizione militare britannico guidato dal Maresciallo Edmund Allenby operante sul fronte turco, in Palestina. La nave, comandata da Samuel Breuell (uno dei Capitani di nave più anziani ed esperti della Anchor Line, originario di Liverpool, ma residente in Scozia), era diretta a Salonicco e ad Alessandria d’Egitto, dove avrebbe dovuto sbarcare i giovani soldati britannici destinati a combattere al fronte, in Medio Oriente.
20. Truppe inglesi salgono sul Transylvania ad Alessandria d'Egitto
Navigando sotto costa alla velocità di 16 miglia orarie, in direzione del porto di Genova, procedendo a zig zag, il Transylvania raggiunse le acque antistanti Capo Noli, a circa due miglia e mezzo dalla costa, alle 11 del mattino di venerdì 4 maggio 1917. Il mare, quella mattina, era estremamente mosso, per un fortissimo vento di tramontana, con raffiche di grecale; il cielo era sereno e illuminato dal sole. Precedevano e scortavano il piroscafo britannico, a 1.500 m. di distanza, due cacciatorpedinieri giapponesi, il Matsu ed il Sakaki, appartenenti alla squadra navale nipponica operante nel Mediterraneo con base a Malta, al comando dell’Ammiraglio Sato Kozo. Entrambi erano state varate nel 1915 e disponevano ciascuna di un equipaggio di 92 uomini.
43. Bergeggi oggi
E fu proprio in quel punto della costa ligure che si compì il destino del Transylvania. Il piroscafo venne infatti scorto dal periscopio di un sommergibile tedesco, un U Boot 63 comandato dal giovane Tenente di vascello Otto Schultze (il successivo 11 maggio l’Ufficiale tedescoavrebbe compiuto 33 anni): l’U63 faceva parte della flottiglia di sottomarini tedeschi la cui base di appoggio era a Pola, nel mare Adriatico e solo due giorni prima, il 3 maggio, aveva affondato nelle acque di Rapallo il piroscafo Washington, avente a bordo sette locomotive ed il materiale smontato per 350 carri ferroviari, oltre a rame, acciaio e altro, destinato alle Ferrovie dello Stato.
13. U Boot tedesco
Alle 11,17 l’U63 fece partire un siluro, dalla distanza di mille metri circa, che centrò il Transylvania sulla fiancata sinistra, nella zona delle sala macchine. A seguito dell’esplosione, la nave iniziò immediatamente ad imbarcare acqua e, inclinatasi a babordo, prese a sbandare vistosamente. Il comandante Breuell, a quel punto, diede ordine di puntare verso la terraferma, nel tentativo di far arenare la nave sulla spiaggia di Bergeggi e consentire più facilmente il salvataggio dei militari che erano presenti a bordo. Dopo pochi minuti, però, il piroscafo si arrestò, non essendo più in grado di procedere. Sorpresi dall’improvviso ed inatteso attacco, i soldati e i marinai presenti sul Transylvania cercarono immediatamente di raggiungere la coperta della nave, in un’atmosfera di incredibile confusione. Qui, subito si levò il grido «Prima le donne!», affinché queste fossero le prime ad abbandonare la nave. Nel volgere di pochi minuti vennero calate in mare le prime due scialuppe, a bordo delle quali si sistemarono le 64 crocerossine inglesi. Secondo quanto fu riportato dai giornali inglesi del tempo, mentre prendevano posto nelle scialuppe, una crocerossina, rivolgendosi ai soldati inglesi, chiese loro di cantare una canzone; essi risposero loro intonando «Tipperary» e «Take me back to dear old Blightly». Poco più tardi, mentre altre scialuppe scendevano in acqua, il Matsu si affiancava al Transylvania nel tentativo di raccogliere a bordo il numero più elevato possibile di soldati britannici che si erano andati accalcando sui ponti. L’altro cacciatorpediniere giapponese, il Sakaki, intanto, perlustrava le acque circostanti, nel desiderio di individuare il sommergibile nemico che aveva colpito il piroscafo inglese. Un’operazione che, in quel frangente, non ebbe esito alcuno. Alle 11,39, mentre fervevano le operazioni di salvataggio e le sirene della nave facevano incessantemente udire la loro voce lancinante, chiedendo aiuto, un secondo siluro lanciato dall’U63 da 350 metri di distanza centrò il Transylvania sulla fiancata sinistra, nei quartieri di prua. Il Matsu, a quel punto, ruppe gli ormeggi che lo univano al piroscafo britannico ed iniziò a retrocedere a tutta forza. Il Sakaki, contemporaneamente, riusciva ad individuare il periscopio del sommergibile tedesco e si dirigeva a tutta velocità verso di esso, nel tentativo di speronarlo, sparando all’impazzata, nella speranza di centrarlo. Su ordine di Schultze, però, il sommergibile scendeva a 45 m. di profondità, sottraendosi al tiro dei giapponesi. Sarebbe risalito in superficie 35 minuti dopo per verificare i danni provocati al piroscafo britannico dal lancio dei due siluri.
68. Arrivo nel porto di Savona del cacciatorpediniere Matsu il 4 maggio
Come prescritto dalle leggi della marineria, il Capitano Breuell rimase a bordo del piroscafo per guidare le operazioni di salvataggio e fu l’ultimo a lasciare la nave. Raccolto in mare, fu poi trasportato all’Ospedale di Savona, ma morì pochi giorni dopo il suo ricovero.
Il Transylvania iniziò ad affondare alle 12,20. Colò a picco sul dritto di prora, sparendo alla vista dei naufraghi, alle 12,35. Spaccatasi in due tronconi, la nave andò ad adagiarsi sul fondale marino a 630 m. di profondità, a due miglia e mezzo a Sud dell’isola di Bergeggi.
Dall’abitato di Bergeggi, sulla collina affacciata sul mare, dalla terrazza della villa dei Marchesi De Mari, attigua alla chiesa del paese, insieme al Sindaco di Bergeggi Mario Bovese, assistette alla tragedia il parroco don Tommaso Vigo (che, pochi giorni dopo, avrebbe poi fornito una testimonianza scritta di ciò a cui aveva assistito). La scena fu osservata anche dalla postazione semaforica di Noli, dove prestavano servizio il Capitano Angelo Accame, con il caporale furiere Mirocleto Lupi ed il Caporal maggiore Mario Viale: subito questi segnalarono al porto di Savona l’accaduto, chiedendo l’arrivo immediato dei soccorsi. Nel tentativo di portare aiuto ai naufraghi, una barca, di proprietà del dott. Antonio Negri, con a bordo alcuni abitanti di Bergeggi guidati da padre Corrado, cappuccino di Varazze, prese subito il largo dalla spiaggia situata di fronte all’Istituto Merello, ma dovette desistere dal suo intento dopo poco, quando raggiunse le acque prospicienti l’isolotto, a causa del mare agitato e delle forti correnti.
Dei 3.500 soldati a bordo del piroscafo britannico, soltanto 270 riuscirono a trovar posto sulle scialuppe del Transylvania. Tutti gli altri furono trasbordati sui due caccia giapponesi e su altre quattro imbarcazioni giunte appositamente dal porto di Savona: i rimorchiatori Savona e America II e i cacciatorpediniere Corazziere e Garibaldino: questi ultimi, in particolare, inquadrati nella classe Soldato, estremamente manovrabili, con un equipaggio di 56 uomini ciascuno, erano stati costruiti nei cantieri Ansaldo di Sestri Ponente tra il 1909 ed il 1910 ed erano entrati in servizio allo scoppio della guerra di Libia, venendo poi utilizzati dalla Marina Militare Italiana fino all’inizio degli anni Trenta.
Nel tentativo di portare soccorso ai naufraghi del Transylvania, quattro barche da pesca presero il largo dalla spiaggia di Noli e raggiunsero la zona del disastro; a bordo, in tutto, trovarono posto 30 uomini, di cui 26 ai remi e 4 ai timoni: sulla prima, di proprietà di Antonio Perando, salirono 9 persone, sulla seconda, di Giuseppe Garzoglio, 6, sulla terza, di Pietro Verando, 8, e sulla quarta, di Giuseppe Garzoglio fu Tommaso, 6. Oltre a 27 pescatori del luogo, salirono a bordo delle barche anche due giovani soldati in licenza, originari del paese, ed il caporale Mirocleto Lupi, in servizio presso la postazione semaforica di Noli, che trovò posto sulla seconda barca. Raggiunta la zona dell’affondamento del Transylvania con una certa fatica, a causa del mare mosso e dei venti contrari, gli occupanti delle quattro barche si trovarono di fronte una scena tremenda: sulla superficie del mare galleggiavano infatti oggetti di ogni genere, oltre a diversi rottami provenienti dal piroscafo che era da poco scomparso tra i flutti, e, cosa terribile a vedersi, molti corpi umani, ormai privi di vita. In mezzo a quel panorama da incubo, tuttavia, si potevano ancora udire dei lamenti e delle richieste d’aiuto. Senza perdersi d’animo, i pescatori nolesi cercarono di individuare chi era ancora in vita. Alla fine, complessivamente, sarebbero riusciti a prendere a bordo delle loro barche 22 naufraghi inglesi (tre di essi, però, avrebbero raggiunto la terraferma ormai privi di vita). A causa del mare mosso, le quattro imbarcazioni non riuscirono a ritornare tutte dal luogo da cui erano partite e, per questo, dovettero ripiegare raggiungendo altri tratti della costa ligure. Solo il gozzo di Antonio Perando riuscì così a raggiungere la spiaggia di Noli, avendo a bordo 5 soldati inglesi; quella di Giuseppe Garzoglio, con 7 soldati, raggiunse invece la spiaggia di Finalmarina, insieme a quella di Pietro Verando, con 5 soldati (di cui uno morì nel corso della traversata); la quarta, infine, di Giuseppe Garzoglio fu Tommaso, riuscì a riparare sulle spiagge di Varigotti, avendo a bordo 5 soldati (di cui due giunsero a terra ormai privi di vita).
Due giorni dopo, il Sindaco di Noli Giuseppe Ronco, con una lettera datata 6 maggio 1917, segnalò «l’atto coraggioso» compiuto dai pescatori nolesi all’avv. Cristoforo Astengo, consigliere provinciale e nipote del Deputato Giuseppe Astengo, con la raccomandazione che questi ne facesse avere opportuna notizia alle autorità britanniche.
Un particolare curioso di quella tragedia, che fu ricordato per molti anni, fu il salvataggio del cagnolino Tom (la mascotte del Transylvania) da parte dei bergeggini accorsi sulla costa da dove avevano assistito impotenti al tragico episodio di guerra. Il cane riuscì infatti a raggiungere a nuoto la spiaggia di Bergeggi, in località Ciapella, e fu raccolto da alcune persone. La bestiola sarebbe stata poi ospitata nella casa della famiglia del sig. Giovanni Massa, vivendo poi ancora alcuni anni con i suoi nuovi padroni.
Nel pomeriggio del 4 maggio, poche ore dopo l’affondamento del piroscafo, attraccarono nel porto di Savona, alle banchine delle zone 8 e 9, le prime imbarcazioni recanti a bordo i naufraghi del Transylvania. Gli oltre 3.000 naufraghi trovarono immediatamente ospitalità in città: i feriti più gravi furono ricoverati all’ospedale San Paolo, mentre gli altri furono accolti negli Ospedali militari di Mongrifone, Monturbano e del Seminario. Tutti i superstiti dell’affondamento del Transylvania che non dovettero ricorrere alle cure dei medici vennero ospitati nelle caserme cittadine, in conventi e scuole e presso alcune famiglie savonesi. Presso l’Albergo Svizzero in piazza Garibaldi (l’odierna piazza Diaz), in particolare, furono ospitati gli Ufficiali inglesi ed il Comandante dei soldati superstiti, il Maggiore J. Geary.
La sera di sabato 5 maggio, al Politeama Garibaldi, in una pausa della proiezione del film “L’invasione degli Stati Uniti d’America”, furono festeggiati gli Ufficiali ed i soldati inglesi presenti nella sala, con l’esecuzione dell’inno britannico, della Marcia Reale e dell’inno di Mameli. Un’altra manifestazione patriottica in omaggio delle truppe britanniche si tenne al teatro Wanda, al Prolungamento a Mare, la sera di lunedì 7 maggio. Nelle sale del Municipio di Savona, infine, a palazzo Gavotti, in piazza Chabrol, furono ricevuti e festeggiati dalle autorità civili e militari gli Ufficiali britannici prima della loro partenza.
Le vittime dell’affondamento del Transylvania furono 413 (o 407, secondo altre stime). Oltre al Comandante Breuell, ad un Ufficiale e a 9 marinai membri dell’equipaggio, persero la vita 29 Ufficiali e 373 soldati britannici.
Solo i corpi di 89 vittime furono immediatamente recuperati, essendo stati raccolti sulle spiagge di Vado Ligure, Spotorno, Noli e Pietra Ligure e su lidi imprecisati della Riviera di Ponente (tra cui due, il 12 maggio, sulla spiaggia di Bordighera). Altre 34 salme, trasportate dalle correnti marine, vennero successivamente raccolte sulle coste del Principato di Monaco, della Francia e della Spagna, venendo poi tumulate in cimiteri della Riviera e di altre varie località.
89. Il corteo funebre sul ponte alla foce del Letimbro in corso Colombo il 6 maggio 1917
Domenica 6 maggio, a partire dalle 10 del mattino, si svolsero le solenni onoranze funebri in onore delle vittime del Transylvania. Il corteo funebre prese avvio dall’Ospedale San Paolo, in piazza Giulio II, dove erano state composte le salme dei soldati inglesi che erano state recuperate nei giorni precedenti. Tra due ali di folla, comprendente circa 30.000 persone, il corteo attraversò corso Colombo e via Nizza, raggiungendo infine l’abitato di Zinola. Oltre a tutte le autorità cittadine e alle rappresentanze di 43 società civili savonesi, sfilarono un plotone di 30 soldati inglesi ed un drappello di 50 marinai giapponesi armati e con la canna del fucile rivolta a terra, 72 militari italiani del 41° Reggimento Fanteria e 30 bersaglieri del 5° Reggimento di stanza a Savona nonché un centinaio di soldati britannici non armati scortanti i carri funebri dove erano state sistemate le salme dei loro commilitoni; altri soldati italiani ed un centinaio di altri militari inglesi disarmati, nonché le 64 crocerossine britanniche seguivano i feretri; a chiudere il corteo sfilarono infine 30 artiglieri armati del 1° Reggimento di stanza a Savona. Raggiunto il cimitero di Zinola, alcuni pastori anglicani vi svolsero un semplice rito funebre. Al termine della cerimonia, le salme furono sepolte in quello che, negli anni successivi, sarebbe divenuto il “Campo degli Inglesi”, concesso in perpetuo dall’amministrazione comunale di Savona al Governo britannico con atto del 27 giugno 1917. Successivamente, a seguito della sopraggiunta morte di alcuni dei feriti ricoverati negli ospedali savonesi, altri soldati inglesi – e lo stesso Comandante Breuell – furono inumati nel camposanto di Zinola, a fianco ai loro sfortunati compagni. Il totale delle sepolture, così, alla fine, salì a 96, come si può tuttora constatare dal numero della piccole lapidi ivi presenti. Alle spalle di queste, sulla parete di fondo, venne in seguito collocata una grande lapide su cui furono riportati i nomi dei 274 soldati dispersi del Transylvania di cui non era stato possibile raccogliere i corpi e dar loro degna sepoltura; alla base di questa, la scritta «Their name liveth for evermore» («I loro nomi vivranno per sempre»).
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A partire dal 7 maggio i soldati inglesi lasciarono Savona. Dal punto d’ammassamento stabilito, in piazza Garibaldi, di fronte all’Albergo Svizzero, i soldati percorsero via Paleocapa, raggiungendo quindi la stazione ferroviaria in piazza Umberto I (oggi piazza del Popolo). Divisi in quattro scaglioni, i militari britannici lasciarono la città della Torretta il 7 maggio (800 soldati), l’8 maggio (800 soldati), il 9 maggio (700 soldati) ed il 10 maggio (700 soldati), raggiungendo così la città di Marsiglia, da dove erano partiti a bordo del Transylvania la sera del 3 maggio. Poiché un numero imprecisato di soldati non si presentò in piazza Garibaldi in quei quattro giorni, il 12 maggio, con un manifesto a firma delle autorità militari britanniche, si invitarono i soldati britannici che non si erano riuniti ai loro compagni, «forse perché trattenuti in cura presso famiglie caritatevoli, forse perché ospitati in casolari lontani», affinché si presentassero al più presto presso la caserma del 41° Fanteria in via dei Mille, a Savona.
Poco più di un mese dopo, l’11 giugno 1917, il cacciatorpediniere giapponese Sakaki, che, come abbiamo visto, aveva partecipato all’opera di soccorso dei naufraghi del Transylvania, fu silurato da un U27 austriaco ad Est di Creta. A seguito di ciò, persero la vita 55 marinai nipponici.
Nel 1919, a distanza di oltre due anni dall’affondamento del piroscafo inglese, 24 dei 29 pescatori nolesi che erano accorsi in soccorso dei naufraghi del Transylvania ricevettero una medaglia d’argento, recante l’effigie di Re Giorgio V, che fu concessa loro dal governo britannico. Il 16 giugno del 1921, poi, a quegli stessi pescatori fu consegnato un attestato di benemerenza dal Ministero della Marina Militare italiana.
Insieme ai 24 pescatori nolesi, ricevettero la medaglia d’argento anche altri militari e personalità civili che si erano distinte nel salvataggio e nell’assistenza dei naufraghi inglesi: il Capitano Francesco Vignini, comandante del rimorchiatore Savona, Gerolamo Merani, padrone del rimorchiatore America II, il Capitano Angelo Accame, il caporale furiere Mirocleto Lupi e il Caporal maggiore Mario Viale, in servizio, al momento dei fatti, presso la postazione semaforica di Noli, gli assessori savonesi Domenico Scotti, Nicolò Campora, Arturo Acquarone e Carlo Vigiola, il dott. Cesare Gandolfo capo dei servizi medici dell’Ospedale San Paolo, il dott. Arnaldo Sabbadini dell’Ospedale del Seminario, il Capitano medico dott. Giovanbattista Saccheri, il dott. Carlito Del Buono dell’Ospedale di Mongrifone, il dott. Silvio Premo dell’Ospedale di Monturbano, il dott. Egidio Lamberto dell’Ospedale del 41° Reggimento Fanteria, il dott. Ignazio Zunini dell’Ospedale dell’Ospedale del Seminario e i sei membri del rimorchiatore Savona. La medaglia d’oro di Re Giorgio V andò invece al Capitano di fregata Mario Catellani, comandante del caccia Garibaldino, al Capitano di corvetta Ugo Nicastro, comandante del caccia Corazziere, al Sottoprefetto di Savona Giovanni Antonio Merizzi, al Sindaco di Savona Flaminio Becchi, al Sindaco di Noli Giuseppe Ronco, al Sindaco di Vado Ligure Giuseppe Berlingeri, al Comandante del Presidio Militare di Savona Maggiore Vittorio Manfredi, al Comandante del 41° Reggimento Fanteria di stanza a Savona Colonnello Michele Bellei, al Comandante del 5° Reggimento Bersaglieri Colonnello Guglielmo Ranieri, al Comandante del Deposito I Artiglieria Tenente Colonnello Umberto Vignali, al Comandante il Battaglione della Milizia Territoriale di Savona Capitano Casimiro Rovere, al Maggiore Giulio Viani del 41° Reggimento Fanteria, al Direttore dell’Ospedale San Paolo dott. Giovanni Rossi, al dott. Salvatore Catellani, direttore degli ospedali militari di Mongrifone, Monturbano e del Seminario e al Capitano del porto Remigio Amour.
Il 4 maggio 1922, sulla scogliera di Punta Predani, di fronte all’area marina in cui era affondato il piroscafo britannico, in ricordo delle vittime del Transylvania fu inaugurata una croce in pietra del Finale, fino ad allora presente nel cimitero di Zinola, nell’area delle sepolture dei soldati inglesi (al suo posto il Governo Britannico ne fece innalzare un’altra, più grande). Due lapidi, in lingua italiana ed inglese, poste alla base della croce, ricordano tuttora quanto avvenne quel 4 maggio 1917 di fronte alle coste di Bergeggi, perpetuando la memoria «dei gloriosi estinti e in testimonianza della gratitudine imperitura del popolo britannico verso gli abitanti di questi lidi per il generoso soccorso ai superstiti».
Il 16 agosto 1925 fu inaugurato a Spotorno un monumento in bronzo in ricordo delle vittime del Transylvania, realizzato dallo scultore di Sanremo Nello Pasquali (1912 – 2002). L’opera, raffigurante una madre avente tra le braccia il corpo del figlio morto, venne distrutta nel 1936, nel corso di alcune manifestazioni antibritanniche organizzate dal Regime fascista in segno di protesta contro la decisione del governo inglese di imporre le sanzioni economiche all’Italia per l’aggressione all’Etiopia, secondo quanto stabilito dalla Società delle Nazioni. Quarant’anni dopo, quell’opera sarebbe stata sostituita da un nuovo monumento in bronzo, avente lo stesso soggetto, realizzato dallo scultore ed ex partigiano di Sanremo Renzo Orvieto (1922 – 1999); il nuovo monumento sarebbe stato inaugurato l’8 maggio 1977.
46. Otto Schultze
Contrariamente alle leggende popolari che, per un lungo periodo, continuarono a circolare a Savona, il destino di Otto Schultze, il Tenente di vascello che era stato al comando dell’U63 che aveva silurato il Transylvania, continuò ad essere quello di un fedele membro della Marina Militare tedesca. Potendo vantare l’affondamento di ben 53 navi alleate nel corso della Grande Guerra, essendo stato al comando di vari sommergibili, nel 1934 fu promosso Viceammiraglio e nel 1936 Ammiraglio, venendo richiamato in servizio attivo allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, nel 1939. Morì all’età di 81 anni il 22 gennaio 1966.
Giuseppe Milazzo
 

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