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Il Savona è sempre uguale a se stesso?

Savona. Sembra esistere una invisibile linea di continuità che lega i decenni del calcio savonese. Uno scenario capricciosamente instabile, precario: senza slanci. I fasti degli anni sessanta fanno parte dei ricordi vissuti sul filo della malinconia, i giovani li conoscono per sentito dire, i più attempati li hanno vissuti e adesso li sognano. La contemporaneità è fatta di bilanci che arrancano, debiti che crescono e risultati che latitano. E’ un circolo vizioso che appare difficile da infrangere. Ora come allora.
Enzo Grenno, attualmente nello staff di RCS come organizzatore di eventi sportivi dal Giro d’Italia alle gare ciclistiche locali è stato presidente del Savona per quasi dieci anni a cavallo tra gli anni ottanta e novanta con una squadra che anche all’epoca navigava in mari procellosi e calcava i ben poco elitari palcoscenici della Serie D.
Enzo, erano anni difficili anche quelli con la squadra stabilmente in Serie D
“Indubbiamente. Quando presi la società nel luglio 1987 dal curatore fallimentare dopo la gestione di Francesco Quartaroli ci siamo ritrovati a giochi ormai fatti a gestire una situazione subito difficile e con un debito di 380 milioni di vecchie lire risalente ad un mutuo federale che la società si portava dietro dalla Serie C2. A questo si aggiunsero altri costi provocati dall’amministrazione comunale dell’epoca che non volle consegnarci la gestione del Bacigalupo ma, anzi, ci chiese 70milioni di lire a stagione come sorta di quota sulle gare giocate in casa: quella cifra era pari all’ 8% del nostro bilancio. Tantissimo, considerando che militavamo in Serie D. Latitavano anche gli sponsor. La Carisa, di cui portavamo il logo sulla maglia, il primo anno versò una somma di 75milioni di lire e poi si andò a decrescere fino ad arrivare a zero. Quando nel 1996 regalai il pacchetto azionario il Comune diede alla gestione seguente (Levati, Valente, Di Blasio n.d.r.) la gestione dello stadio accollandosi anche le spese di manutenzione straordinaria”.
La fresca retrocessione del Vado chiude un anno deficitario per il calcio savonese . E’ così complicato fare sport a Savona e provincia? Colpa della crisi del territorio o delle persone ?
“Non mi permetto di dare giudizi sulle singole situazioni o persone. Fare sport a Savona è sempre stato storicamente difficile. La vicinanza con città importanti come ad esempio Genova che annovera due squadre ad alti livelli ha drenato possibili sponsorizzazioni e denaro. Nel corso degli anni è anche venuta meno la passione del pubblico e la quasi totale sparizione dei campanilismi che accandevano la competizione anche tra società. Qualche decennio fa vi era una accesissima rivalità tra Vado e Savona che oggi è praticamente scomparsa. Bisogna però anche dire che molti individui nel corso degli anni hanno condotto le varie società più per necessità e tornaconto personali che con passione e con politiche completamente disgiunte dal contesto cittadino e del tifo, attorniandosi-talvolta-di dirigenti poco competenti. Ovviamente vedere queste situazioni lascia molta amarezza”.
Nel grigiore generale l’Under 17 del Savona sta regalando bel gioco ed entusiasmo
“Storicamente il Savona ha sempre avuto un floridissimo settore giovanile con ottimi allenatori e ottimi giocatori per cui la bella cavalcata degli under da una parte non può stupire più di tanto, stupisce però dall’altra soprattutto se in relazione alla situazione societaria. E’ un’idea ovviamente del tutto personale, ma l’errore fondamentale è stato compiuto nella stagione di LegaPro nella quale erano state bloccate le retrocessioni  (2013-2014 n.d.r). In quella squadra si doveva dare molto più spazio ai giovani ed invece non più di 2-3 elementi arrivarono in prima squadra. Il settore giovanile dovrebbe servire a formare i nuovi giocatori del futuro ma è chiaro che nel momento in cui non esiste uno sbocco i giocatori più bravi cercano altri ingaggi e la società finisce per autopenalizzarsi perchè a quel punto è costretta a spendere il triplo per ingaggiare elementi che tra l’altro non hanno nessun senso di appartenenza nei confronti della società. Il risultato è che il settore giovanile in questo modo perde forza e importanza. Negli anni più prestigiosi erano tanti i savonesi arrivati in prima squadra, anche nel mio decennio ne portammo diversi consentendo al bilancio di respirare e di andare avanti bene o male per quasi dieci anni. In questo momento bisognerebbe fare un piano pluriennale allo scopo di riportare il Savona in una categoria (la LegaPro, n.d.r.) che sarebbe uno scenario adatto alla città, ma è necssaria una ristrutturazione totale ed in questo momento è difficile capire se esiste la volontà e la capacità di portarla a compimento”.
 
 

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