Cultura e Spettacoli

Il Caproni arenzanese inedito

Arenzano. Una delle tracce della prima prova scritta dell’esame di maturità ha spiazzato la maggior parte degli studenti. Giorgio Caproni, non è certo autore di “prima fascia” paragonabile a Montale o Ungaretti ma per gli studenti liguri ed in particolar modo arenzanesi, si tratta di una penna evocativa e famigliare. Scopriamo perchè.
Nel 35-36 Giorgio Caproni comincia la sua attività di insegnante a Rovegno, dove sostituisce un vecchio maestro molto amato per cui all’inizio è guardato con diffidenza, ma poi conquista tutti, specialmente gli alunni (una trentina) della terza classe a lui affidata, che cerca di educare alla musica, suonando il violino e proponendo brani di romanze e cori verdiani.
Nel 1936-37 insegna nelle classi V e VI della scuola elementare del Circolo Didattico di Arenzano, a Terralba. Caproni è molto amato dai suoi scolari perché usa metodi curiosi. Racconta Vincenzo Cerami in un articolo su Repubblica del 1990. “Diceva: «Ragazzi, sono rovinato! Oggi dobbiamo studiare le campagne di Napoleone e non mi sono preparato abbastanza. Se lo sa il direttore scolastico mi licenzia. Come si fa? ». I bambini, impie­tositi dal furbo maestro, lo tranquillizzavano e gli rispondevano: «Non preoccuparti, maestro, ti aiutiamo noi a studiare Napoleone. Ti leggiamo il capitolo a voce alta così se entra il direttore vede che tu sei preparato e non ti licenzia». Un’altra volta i bambini, entran­do in classe, lo vedono tutto indaffarato e preoccupato mentre misura con il metro i lati della lavagna: «Lasciatemi in pace, bambi­ni, perché ho un diavolo per capello, (…) il direttore vuole sapere qual è la superficie della nostra lavagna e non mi ricordo come si fa a calcolarla… ». (…) Qualcuno grida «Base per altezza!» E Caproni chiede: «Perché?» Quel perché crea lo scompiglio tra i bambini. (…); Ne venne fuori una bella discussione…
Sulla “Rivista della Scuola” del luglio 1986 compare un’intervista in cui si chiede al maestro Caproni come si dovrebbe spiegare ad un bambino la differenza tra linguaggio pratico e linguaggio poe­tico; il poeta risponde: “Con l’esempio della tromba e del flauto. Il bambino non sopporta elucubrazioni dotte”. È quasi un fratello maggiore per i suoi alunni, sempre affettuoso e pronto a valorizzare le loro doti. Chi termina per primo un problema o una composizione d’italiano, viene manda­to dal maestro a comperare un quotidiano e i canestrelli. Con essi premia il primo e l’ultimo degli scolari, quasi a sottolineare che ai suoi occhi hanno lo stesso merito, purché tutti si impegnino a migliorare. Aiuta tutti, soprattutto chi è in difficoltà, e frena con fastidio gli esibizionismi. Non vuole il saluto fascista, né che scattino sull’attenti, ma non dimentica mai di far dire le preghiere. Si intrattiene spesso con i ragazzi anche dopo l’orario scolastico, e non è contento finché tutti non hanno capito. Legge il giornale in classe e spiega gli andamenti della guerra in Abissinia, informando di quello che accade nel mondo. Spesso va anche a pescare con i suoi alunni, per essere loro vicino e seguirli meglio. Nessuna poesia è dedicata esplicitamente ad Arenzano ma la seconda raccolta di poesie, Ballo a Fontanigorda (1935-37), contiene molti testi ispirati al lido e al mare.
Dagli atti del convegno: “Il mio maestro era Giorgio Caproni”, Arenzano- gennaio 2010.

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