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Parte la campagna 'Buoni e giusti Coop'

Savona. Al via la campagna “Buoni e Giusti Coop”. Coinvolti tutti gli 832 fornitori di ortofrutta (nazionali e locali) di Coop che operano con oltre 70.000 aziende agricole. Sotto la lente dei controlli Coop le filiere più a rischio dell’agroalimentare italiano; primi risultati dell’attività ispettiva sulla filiera degli agrumi. Le 7.200 aziende agricole all’origine delle filiere dei prodotti a marchio Coop invitate a aderire alla Rete del Lavoro Agricolo di Qualità.
“Il nostro impegno su questo versante è decennale, siamo stati i primi in Europa a certificarci secondo lo standard etico SA8000 ma, a fronte di una situazione critica e drammatica che getta sempre più ombre sul cibo che arriva sulle nostre tavole, vogliamo rilanciare. Il rischio è che l’impresa “cattiva” scacci quella buona e che la ricerca del prezzo più basso possibile faccia a pugni con i diritti delle persone. “Buoni e Giusti Coop” vuole essere un apripista per intervenire concretamente in tema di illegalità. Noi ci siamo. Ci aspettiamo un grande e più forte impegno da parte degli organi ispettivi e di controllo e del Governo nella lotta all’illegalità, al lavoro nero, al caporalato e alle truffe alimentari. Allo stesso tempo ci auguriamo che le associazioni dei produttori agricoli operino affinché le proprie imprese aderiscano alla Rete del Lavoro Agricolo di Qualità il cui accesso deve essere reso più semplice”.
C’è un lato oscuro nel settore agroalimentare italiano e quelle ombre arrivano direttamente sulle nostre tavole. Sono i frutti finali delle filiere sporche, quelle che stando agli ultimi dati interessano ancora oggi qualcosa come 400.000 lavoratori, stranieri nell’80% dei casi. Un’emergenza sociale drammatica da cui prende le mosse la campagna “Buoni e Giusti Coop” che vede protagonista Coop: prima insegna della grande distribuzione in Italia con i suoi 1.100 punti vendita e al tempo stesso importante organizzazione di consumatori con oltre 8 milioni di soci.
Una campagna fatta di atti concreti più che di parole e che si muove su tre assi. In primo luogo una serie di interventi importanti concentrati sulle filiere individuate come le più critiche,  inoltre  azioni e controlli sul campo e in parallelo iniziative di supporto a carattere sociale.
Coop ha sempre presidiato il settore agroalimentare con un approccio di “filiera” e cioè controllando tutti i passaggi dal campo alla tavola dei consumatori, ed è anche stato il primo distributore in Europa ad adottare (dal 1998) lo standard SA8000 per ottenere precise garanzie in tema di responsabilità sociale dai propri fornitori di prodotto a marchio (ovvero quei prodotti “targati” Coop su cui l’insegna esercita un presidio costante diventando non soltanto un distributore, ma una vera e propria azienda produttiva*). E oggi Coop intende rilanciare ulteriormente.
 
L’allargamento della rete dei controlli e i primi risultati – Coop ha individuato 13 filiere ortofrutticole più esposte ai rischi di illegalità e dove più frequentemente emergono episodi di sfruttamento dei lavoratori; con una pianificazione degli interventi che tiene conto della stagionalità si attueranno controlli sulla filiera degli agrumi, per poi proseguire con le fragole, i pomodori, i meloni, le angurie, l’uva, le patate novelle e altri 5 ortaggi di largo consumo. Saranno coinvolti non più soltanto gli 80 fornitori ortofrutticoli di prodotto a marchio Coop (per 7.200 aziende agricole), ma tutti gli 832 fornitori nazionali e locali di ortofrutta (per oltre 70.000 aziende agricole). A tutti i fornitori Coop ha chiesto di sottoscrivere l’adesione ai principi del Codice Etico che contempla una serie di impegni per il rispetto dei diritti dei lavoratori e prevede l’esecuzione di un piano di controlli a cui non si può venir meno, pena in caso di non-adesione l’esclusione dal circuito. Inoltre Coop ha intensificato i controlli; sotto esame la filiera degli agrumi (clementine e arance Navel) indagata dagli auditor di Bureau Veritas, leader a livello mondiale nei servizi di ispezione, di verifica di conformità e di certificazione. I primi dati che hanno coinvolto tutti i fornitori Coop e un terzo delle aziende agricole di questa filiera su tre regioni -Calabria, Sicilia e Puglia- sono comunque incoraggianti: nessuna segnalazione di gravi non conformità  (caporalato, lavoro nero o casi di discriminazione), sono state invece individuate  problematiche relative a norme di sicurezza disattese su cui è stato chiesto un pronto intervento. I prossimi controlli riguarderanno le fragole e il pomodoro ciliegino.
 
La Rete del Lavoro Agricolo di Qualità- E’ l’altro binario su cui si muove la campagna “Buoni e Giusti Coop”, in stretto raccordo con il progetto lanciato a livello ministeriale già nel 2015. Non è un semplice invito, ma l’impegno ad iscriversi alla Rete del Lavoro Agricolo di Qualità quello che è  chiesto alle 7.200 aziende agricole dei prodotti a marchio Coop.
Questa iscrizione attesta di essere un’azienda pulita, in regola con le leggi e i contratti di lavoro, non aver riportato condanne penali e non avere procedimenti in corso. Tuttavia la procedura complessa sta ostacolando un’adesione massiccia. Serve una semplificazione se si vogliono raggiungere risultati significativi in tempi brevi senza inceppare la macchina autorizzativa.
“Il nostro è un impegno costante, sistematico e non di facciata – spiega Marco Pedroni, Presidente Coop Italia – Siamo a fianco del Ministero e di tutti quegli enti e organizzazioni che hanno a cuore questo problema. Il rischio è che l’impresa “cattiva” scacci quella buona e che la ricerca del prezzo più basso possibile faccia a pugni con i diritti delle persone. “Buoni e Giusti”, con tutto ciò che ne consegue, vuole essere un apripista per intervenire concretamente  sulla realtà dello sfruttamento. Il nostro è un discorso etico, ma l’illegalità ha anche un risvolto economico che si gioca sulla pelle dei più deboli e sulle imprese oneste.
Accanto al contrasto al lavoro nero e alle frodi alimentari, vogliamo affrontare anche il tema dei prezzi nel settore ortofrutticolo, perché spesso è lì che si trova un indicatore dell’illegalità. La volatilità dei mercati è elevata, ma si possono e si debbono trovare le soluzioni affinché sia i consumatori che i produttori abbiano il giusto prezzo. Come Coop siamo attenti a riconoscere ai produttori agricoli prezzi equi, non il prezzo più basso del mercato che in certe filiere nasconde l’illegalità. Va segnalato che problemi importanti nella formazione del valore dei prodotti ortofrutticoli sono sia quello dei costi intermedi e logistici (che pesano quasi il 40% sul prezzo finale) che quelli di una migliore organizzazione e aggregazione dei produttori; se ne avvantaggerebbero sia i consumatori che gli agricoltori”.
 
Il Sociale e le richieste al Governo – La campagna di Coop non si esaurisce soltanto nell’attività per così dire “in campo”, ma interessa anche la vita dei lavoratori. In cantiere stanno prendendo forma,  in accordo con le istituzioni locali, il volontariato laico e cattolico, il mondo sindacale, azioni concrete per  diffondere una sempre maggiore consapevolezza del fenomeno.
La presentazione della campagna è stata anche l’occasione per una presa di posizione in merito al disegno di legge tuttora al Senato volto a contrastare i fenomeni di caporalato lavorando sia sulla deterrenza del fenomeno che sulla prevenzione. Anche perché è evidente che Coop svolge la sua parte e può anche funzionare da apripista come già in altre circostanze, ma non può essere sola su un tema che è per sua stessa complessità demandato a un controllo da parte delle istituzioni pubbliche.
“Da parte sua Coop partecipa, con gli altri soggetti della filiera agricola,  al Tavolo voluto dai Ministeri competenti e sta svolgendo una parte attiva anche sul versante del disegno di legge, tanto da aver chiesto assieme alle altre sigle della grande distribuzione di essere ascoltata in audizione -sottolinea Stefano Bassi, Presidente di Ancc-Coop (Associazione Cooperative di Consumatori a marchio Coop) – ma il ruolo dei controlli pubblici è comunque un passaggio imprescindibile per il funzionamento di un sistema che voglia seriamente raggiungere obiettivi di prevenzione e repressione di un fenomeno. Fenomeno che evidenze recenti dimostrano sempre di più essere di portata nazionale. Proprio allo scopo di favorire l’adesione alla Rete del Lavoro Agricolo, noi ci siamo mossi volontariamente con il coinvolgimento delle aziende nostre fornitrici, e stimiamo che altri possano seguirci su questo stesso terreno ma occorre avere consapevolezza che tutta intera la grande distribuzione è responsabile di circa la metà delle vendite di ortofrutta in Italia. Ne consegue che l’altro 50% sfugge al filtro della grande distribuzione.  Cogliamo questa occasione – e lo ribadiremo anche in audizione – per rivolgere la proposta di collegare l’accesso a qualsivoglia finanziamento pubblico o beneficio di natura fiscale all’iscrizione alla Rete in una logica di incentivo e sprone all’adesione. Crediamo che così facendo potremmo dotarci di una misura più efficace nella lotta comune al caporalato”.

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