Albenga Attualità

"Porta chiusa" successo meritato per gli attori ingauni e Mario Mesiano dedica la serata al fratello scomparso

Albenga. Equilibrio e precisione: ecco la ricetta per uno spettacolo degno di questo nome. Ma anche passione, dedizione, lavoro. Equilibrio inteso quale bilancia di sentimenti ed azioni che si intersecano sapientemente sul palco, inanellando, uno dopo l’altro i passi dei personaggi che lo calcano. Precisione inoltre, di intenti e azioni, sempre pulite e fortemente determinate, nulla al caso, tutto studiato, invero, nel minimo dettaglio.
Così è andato in scena, ieri sera al teatro Ambra di Albenga “Porta chiusa” di Jean Paul Sartre, uno spettacolo che grazie alla regia e all’interpretazione di Mario Mesiano, Pino Ronco, Amelia Conte e Carla Lombardi, ha incastonato la sua perla nel contesto della rassegna teatrale di quest’anno.
L’esistenzialismo di Sartre nella sua opera più autentica, una provocante congettura che snocciola momenti di intensa rassegnazione ad altri intrisi dal desiderio di poter appartenere ancora al fiato dell’esistenza.
Ed è così che le tre anime all’inferno, accompagnate da un elegante Caronte, fanno il loro ingresso in una stanza dai tratti austera, presentata come una cripta- prigione dove i condannati dovranno scontare la loro pena, senza torture, aguzzini ma solo nella presenza ” dell’altro da se” per sottolineare quanto l’inferno, come sottolinea Sartre, in realtà siano ” gli altri”.
Non ci sono specchi ma sono essi stessi l’uno lo specchio dell’altro, non ci sono che porte chiuse, anzi, una sola porta chiusa, quella che determina l’impossibilità di fuggire, di trovare una nuova strada nel meandro di se stessi. In questo “nulla” si rivela il ” tutto”, proiezione di un inconscio rosicchiato dal dolore, pena che assimila pena, il vetro infranto, l’ordine e la morale distrutta e persa. Rimane solo l’incanto struggente di un lontano osservare la ” vita” che continua inevitabilmente il suo cammino.
L’uomo e le due donne si dibattono come uccelli chiusi in gabbia, a tratti cercando nel dialogo di trovare una spiegazione a quel che accade, a tratti ruggendo coraggiosamente l’uno contro l’altro per poi mendicare un po’ d’amore in sfumature diverse.
Asciutto e preciso, delineato a genio, Garcin interpretato da Mario Mesiano compone se stesso a tratti, entrando come un condannato dignitoso nell’inferno che lo attende per inghiottirlo e masticarlo, fare di lui ciò che lui ha fatto di se stesso. Mario ha dipinto il personaggio di Sartre rendendolo ” vero”, pulsante e rassegnato, timido e spavaldo, coraggioso e sconfitto.
Ottima anche l’interpretazione di Carla Lombardi e Amelia Conte, entrambe senza cedimenti e precise nei passaggi, hanno dato corpo e anima a Ines ed Estella, quasi una danza la loro ad osservarsi, cercarsi e rifiutarsi pur di trovare una identità, quella perduta in vita ed ora desiderata più che mai.
Pino Ronco, elegante e dettagliato, ha aperto e chiuso le danze in applausi a scena aperta che hanno riempito l’Ambra grato di una serata di ottimo Teatro.
In chiusura, Mario Mesiano, ha dedicato lo spettacolo al fratello Salvatore, mancato tragicamente nel pomeriggio di domenica. Dolore e verità. Il Teatro é anche questo.

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