Le figure delineate sono ricordate con episodi del tutto inediti e poco convenzionali, alcuni casi persino politicamente “poco corretti”, ma sempre equilibrati e rigorosi sotto il profilo storico. Ne viene fuori un ritratto a tutto tondo dell’Italia civile che l’autore ritiene vada riscoperta e valorizzata come patrimonio culturale irrinunciabile anche per il futuro delle nuove generazioni.
In effetti Quaglieni traccia un percorso storico riguardante tutto il Novecento e il primo quindicennio del nuovo secolo in cui troviamo figure – chiave della cultura e dell’impegno civile. Figure spesso dimenticate che danno quasi l’idea di una vecchia Italia oggi quasi totalmente cancellata che l’autore ha il merito di accompagnarci a conoscere. I personaggi di Quaglieni non sono figure alla maniera di Plutarco, ma uomini visti e studiati nella loro umanità oltre che nella loro dimensione pubblica. Ad esempio, il latinista e politico Concetto Marchesi viene visto come umanista e docente, ma è anche ritratto nei suoi aspetti meno conosciuti o addirittura ignorati. Fu proprio il comunista ammiratore di Stalin a proporre la laurea honoris causa, a Padova,della sua studentessa istriana Norma Cossetto, infoibata dai comunisti di Tito.
Di Jemolo viene pubblicata un lettera inedita inviata al rettore dell’Università di Torino Allara, inquisito dai magistrati torinesi.
Di particolare valore sono i ritratti di Montanelli, Ronchey, Tortora e Pannella: personalità lontane, ma accomunate da una certa idea dell’Italia che oggi non c’è più. Le pagine dedicate all’amico di sempre Mario Soldati sono un ritratto dell’uomo prima ancora che dello scrittore e regista torinese.
La parte dedicata a Mario Pannunzio ha inoltre un valore storico, non solo perché scritta dal suo maggiore storico che fin dal 1971 si è occupato del direttore del “Mondo”, ma anche per le rivelazioni e le valutazioni che appaiono nel capitolo finale del libro.
Nei ritratti si combinano insieme giudizi storici e una scrittura giornalistica ed insieme elegante che ci ricorda gli elzeviri della vecchia “terza pagina” dei quotidiani, travolta dal tabloid.
C’è sicuramente una differenza tra la prima parte del libro in cui l’autore parla di alcune delle sue “radici “ culturali e la seconda dedicata alle personalità che l’autore ha conosciuto personalmente. Nella prima parte c’è maggiore distacco mentre nella seconda, a volte, la viva partecipazione sconfina nella polemica. Federico Chabod è stato uno dei punti di riferimento formativo che Quaglieni ha studiato all’Università su stimolo di Luigi Firpo. E ne esce fuori pertanto un ricordo dello storico valdostano carico di riflessioni che mettono in evidenza come il suo metodo storico ,sulla lunga distanza ,abbia avuto il sopravvento su quello fondato sulle ideologie trionfanti del secolo scorso.
Nella seconda parte del libro vanno citate le pagine dedicate all’amico e maestro Norberto Bobbio , un intellettuale inquieto del secondo Novecento che Quaglieni, pur rifiutando i miti che si sono creati attorno al filosofo torinese, paragona a Benedetto Croce.
Il pensiero del filosofo napoletano resta comunque il fil rouge di tutto il libro , come afferma l’autore nella premessa.
Un Croce non delineato in un ritratto a sé ,ma costantemente richiamato nelle pagine del libro.
La presentazione del libro ad Albenga verrà fatta, in presenza dell’autore, da Sandro Chiaromonti, Dino Cofrancesco, Franco Vazio.