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L'omaggio del Presidente Mattarella a Sandro Pertini

Lo scorso 25 settembre, come molti sanno, il Presidente della Repubblica Sandro Mattarella è giunto a Stella, per ricordare Sandro Pertini, nel centoventesimo anniversario della sua nascita.matta-850x466
La figura di Pertini, a distanza di oltre un quarto di secolo dalla sua scomparsa, è ancora ben viva nella memoria di tanti Italiani. Il periodo in cui ebbe la ventura di sedere sullo scranno più alto della nostre istituzioni fu uno dei più drammatici e tormentati della prima Repubblica. Pertini diventò Presidente l’8 luglio 1978, a seguito delle dimissioni di Giovanni Leone, costretto a quella decisione sull’onda delle polemiche suscitate dallo scandalo Lockheed, essendo stato ingiustamente ipotizzata una sua identificazione con il fantomatico “Antelope Cobbler” che aveva favorito i rapporti tra la società statunitense e i destinatari delle tangenti pagate durante le trattative concernenti la vendita di alcuni aerei C 130. Il sequestro di Aldo Moro, compiuto il 16 marzo di quell’anno e segnato dal massacro degli agenti della sua scorta in via Fani, a Roma, si era concluso tragicamente il 9 maggio successivo con l’omicidio del leader democristiano, assassinato dalle Brigate Rosse al termine di una prigionia durata cinquantacinque giorni nella cosiddetta “prigione del popolo” di via Montalcini. La stagione delle bombe neofasciste, iniziata in piazza Fontana il 12 dicembre 1969, aveva segnato in modo tremendo la prima metà degli anni Settanta, portando morti e feriti anche a Savona, in dodici attentati avvenuti a Savona tra l’aprile 1974 ed il maggio 1975.
L’Italia era sconvolta dalla violenza del terrorismo e dai primi chiarissimi segni della corruzione e del degrado morale, che si sarebbero poi clamorosamente evidenziati nel 1992 con la stagione delle inchieste di “Mani pulite”. La mafia e la criminalità organizzata, ormai, facevano sentire la loro presenza non più soltanto nel Sud Italia, ma anche in quelle regioni del Nord che, apparentemente, fino ad allora, erano sembrate immuni da questo fenomeno.
Il Paese aveva un disperato bisogno di trovare una personalità politica che potesse rappresentare un forte e valido punto di riferimento nel momento in cui l’immagine stessa delle istituzioni pareva esser stata posta irrimediabilmente in ginocchio. Una figura che sapesse interpretare al meglio i desideri e la volontà di riscatto della nazione. E la trovò, felicemente, in Sandro Pertini.
Nel periodo in cui fu Capo dello Stato – sette anni che furono di grande importanza nella storia del Paese – Pertini improntò il suo incarico conferendo ad esso un’impronta attiva e dinamica. Uomo di grande rigore morale, naturalmente dotato di grandi capacità comunicative, si rivolse alle masse con un linguaggio semplice, riscuotendo, in quegli anni difficili, per il terrorismo e le tensioni sociali in atto, un enorme consenso popolare, divenendo, sostanzialmente, il simbolo di un’Italia pulita e diversa, estranea agli scandali, pronta a difendere, senza tentennamenti di sorta, le conquiste democratiche conseguite dopo la Liberazione. Difensore e paladino dei valori della Resistenza, Pertini mise sempre in guardia i suoi connazionali dal pericolo della possibile perdita della libertà, invitandoli a battersi in prima persona per la difesa dei loro diritti di cittadini. Ricorrendo ad un linguaggio schietto ed efficace, si scagliò, anche con una certa durezza, e in più di un’occasione, contro il malcostume, il malgoverno, la corruzione, il malaffare. In campo internazionale si schierò sempre contro ogni tipo di totalitarismo ed in favore di un disarmo “totale e controllato” (aprile 1983), improntando la sua presidenza ad una linea di convinto pacifismo.
Ma Pertini era stato anche l’antifascista, il socialista che più aveva simboleggiato la lotta contro il regime di Benito Mussolini durante il Ventennio. Era stato uno dei protagonisti della famosa fuga di Turati dal porto di Savona e, a testa alta, aveva scelto di rientrare in Italia dopo due anni e mezzo d’esilio in Francia, ben sapendo di andare incontro all’arresto. In carcere aveva trascorso tutti gli anni Trenta, venendo poi destinato al confino di Ventotene tra il 1940 ed il 1943. Dopo l’8 settembre aveva preso parte alla difesa di Roma a Porta San Paolo, battendosi contro i Tedeschi. Aveva subìto nuovamente l’arresto e la reclusione nelle carceri nazifasciste, era riuscito a fuggire con Saragat ed era poi diventato uno dei capi del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia.
Si può quindi comprendere l’ostilità e l’antipatia con cui, ancora nel 1978, da parte di molti che militarono nel “campo avverso”, fu accolta la sua nomina a Presidente della Repubblica. E si può quindi capire perché, ancora oggi, una figura come la sua, da una certa parte politica, anche nella nostra città, possa essere avvertita come “divisiva”. E ciò nonostante – come egli ebbe a dichiarare nel suo discorso di insediamento, il 9 luglio 1978 – ricordando «i patrioti» con i quali aveva «condiviso le galere del Tribunale Speciale, i rischi della lotta antifascista e della Resistenza», avesse affermato di cessare, da quel giorno, di «essere uomo di parte», intendendo essere «solo il Presidente della Repubblica di tutti gli Italiani». E nonostante si fosse sempre battuto, a testa alta, per una politica «dalle mani pulite», rappresentando, a ragione, un simbolo di onestà e di rigore morale.
Non è mia intenzione commentare in questa sede le polemiche al riguardo sorte in questi giorni. Anche perché, certamente, chi non ha amato Pertini e i valori della Resistenza che egli ha incarnato ha maturato da tempo, per motivi politici, le ragioni di questo atteggiamento. Desidero, semmai, esprimere la mia opinione riguardo al presunto “flop” della visita di Mattarella nella nostra città. Si è detto che Savona non abbia risposto nella maniera più adeguata alla visita del Presidente della Repubblica, che sia stata “fredda” e che abbia addirittura “snobbato” l’evento. La circostanza che, al Priamar, fosse presente soltanto «uno sparuto gruppo di cittadini, raccolti dietro le transenne di piazza della Cittadella» e che «il gruppo più affiatato» fosse «quello degli studenti delle Scuole Medie dell’Istituto Comprensivo I di Villapiana e Lavagnola e una classe quinta delle elementari Colombo», in tutto una quarantina di ragazzini che sventolavano le bandierine tricolori e che erano lì presenti su invito esplicito del Comune di Savona, ha fatto maliziosamente sorridere.
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Innanzitutto, e va sottolineato, Mattarella non è giunto a Savona per compiere una visita alla città, ma solo per rendere omaggio a Pertini, partecipando alle celebrazioni che si sono tenute al Priamar in una Sala della Sibilla “blindata” e che hanno visto gli interventi del Sindaco Caprioglio, del Presidente della Regione Toti e del prof. Alberto De Bernardi, docente di storia contemporanea all’Università di Bologna. La circostanza, giustamente, è stata posta in rilievo un paio di giorni prima dell’arrivo di Mattarella, sul Secolo XIX, dal giornalista Bruno Lugaro. Al Priamar, purtroppo, Mattarella ha sostato pochissimo (neppure un’ora), dovendo far ritorno nella capitale, come era stato programmato da tempo, nel primo pomeriggio. Dunque, non c’è stato neppure il tempo di organizzare alcunché d’altro, neanche di fargli visitare la “cella di Mazzini”. Le misure di sicurezza assunte sono state davvero molto severe, tanto che neppure i consiglieri comunali, gli assessori cittadini, i Presidenti delle associazioni culturali e i giornalisti hanno potuto accedere alla Sala della Sibilla, che è risultata, alla fine, occupata solo per due terzi. A quel punto – tenendo conto altresì della cronica inaccessibilità della Fortezza agli stessi Savonesi, della bella mattinata di sole e della circostanza che l’emittente Primocanale aveva deciso un’apposita diretta televisiva dell’evento – sarebbe stato quantomeno strano che la cittadinanza rispondesse all’appuntamento presidenziale.
Ben diversa è stata la situazione a Stella, per le circostanze ed il percorso che il Presidente Mattarella ha dovuto compiere, tra il cimitero e la casa natale di Pertini. Lì, davvero, c’è stato il bagno di folla, ben documentato dalle fotografie pubblicate sui siti internet dei quotidiani locali. Chi scrive ha avuto la fortuna di poter esser presente all’ingresso della casa natale di Pertini e ha quindi potuto constatare con i propri occhi non solo il successo dell’evento, ma, soprattutto, la grande cordialità e familiarità mostrata da Mattarella nei confronti di tutti coloro che si trovavano in quel luogo e, soprattutto, verso la memoria del suo predecessore. Che, non lo dimentichiamo, era stato presente a Palermo ai funerali di suo fratello Piersanti, ucciso dalla mafia il 6 gennaio 1980.
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Nella casa di Sandro Pertini, come il sottoscritto ha potuto documentare, Mattarella si è fermato per ben venti minuti, mostrando grande interesse e partecipazione sincere.
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È sembrata “disdicevole”, a detta di qualcuno, la sosta al Mare Hotel. Ma non si ricorda che lo stesso Pertini, da Presidente, quando giungeva a Savona per votare alle elezioni, andava a dormire all’Hotel San Marco di via Leoncavallo. Inoltre, Mattarella ne veniva da una serie estenuante di incontri, conferenze, discorsi tenuti nei giorni precedenti per ricordare Aldo Moro e Cavour, tale da impedire una qualsiasi altra iniziativa organizzata nella serata di sabato 24 settembre.
Ma c’è un tema che non va eluso. Si è ricordato, in questi giorni, la freddezza di rapporti che Savona avrebbe avuto con Sandro Pertini nel corso degli anni, anche quando egli era ancora in vita. In tutto questo c’è del vero, ma c’è anche molto di esagerato. Riporto, a corredo di questo articolo, le immagini delle pagine de La Stampa e de Il Secolo XIX del 21 gennaio del 1979, quando Pertini giunse da Presidente nella nostra città in visita ufficiale: testimoniano efficacemente la grande mobilitazione della cittadinanza per l’arrivo del Capo dello Stato e, dunque, smentiscono nettamente quell’ingiusta definizione di freddezza attribuita ai Savonesi nei confronti di Pertini. È vero semmai che da allora il rapporto tra i cittadini e la politica si è di molto affievolito ed è difficile, in qualunque parte d’Italia, al giorno d’oggi, cogliere simili manifestazioni di entusiasmo per l’arrivo di un Presidente della Repubblica. Ed è altresì vero che quelle generazioni di Savonesi che erano cresciute ed invecchiate insieme a Pertini, tra gli anni Venti e gli anni Settanta, e che maggiormente lo avevano conosciuto ed amato, sono per sempre scomparse.
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 la-stampa-21-gennaio-1979aMa. come ho detto, tra Savona e Pertini, a partire dal 1945, c’è sempre stato un rapporto che potremmo definire “sofferto e tormentato”.
Ha scritto il giornalista Marcello Zinola in un bell’articolo apparso sul n. 4 del periodico “AuserSavonaNotizie” del 2013: «Savona non è che abbia brillato e brilli nel suo ricordo. Talvolta sembra quasi averlo rimosso. Certo (Pertini era iscritto alla storica sezione centro del Psi, la tessera in quegli anni gliela portava spesso Giulio Svetoni che fu assessore comunale oltre che console della Compagnia portuale) ci sono quelli della Centro e di Stella, di un paio di associazioni che, ogni anno, un paio di eventi nel suo ricordo li organizzano. E la Lega Coop Liguria ha recentemente pubblicato un testo con la sua tesi di laurea. Ma se pensiamo al fatto che anche il museo a lui dedicato al Priamar partito con la donazione della sua collezioni di pipe, fu un fallimento, si ha la dimensione anche in questo caso del non ricordo o dell’incredibile superficialità o miseria culturale con cui la città di oggi sembra via via cancellare ogni pagina, magari anche scomoda o che fa discutere a distanza di decenni, della propria storia. Eppure fu Pertini, intervenendo in modo chiaro e deciso, a fare avviare in modo dirompente la prima vera inchiesta completa (anche se tardiva) sulle bombe di Savona. … Un’altra città, e non certo per la tradizionale (?) riservatezza dei liguri, avrebbe gestito e sviluppato meglio una presenza e la storia di uno come Pertini. Una volta si dava la colpa alle difficoltà di rapporto con la vedova Carla Voltolina sin che è vissuta, un’altra alle discussioni su come e cosa “fare”. Fatto sta che il ricordo e la sua presenza savonese (fatte un paio di eccezioni) sono un po’ andati in fumo. Come quello della sua pipa…».
La verità è che Pertini ha sempre nutrito un bene immenso verso la sua Savona, città in cui non è nato, ma dov’erano nati i suoi genitori e i suoi avi e dove era cresciuto, sostando da bambino nella casa degli zii Muzio, i notai di piazza delle Erbe, e abitandovi a partire dai sedici anni, risiedendo nella casa della famiglia di Cristoforo Astengo. Pertini fu davvero un Savonese e questa fu la sua città, anche se Stella avrebbe sempre rappresentato, per lui, il luogo degli affetti più cari. Si rilegga il testo del discorso tenuto da Pertini il giorno in cui gli fu conferita la cittadinanza onoraria savonese (2 giugno 1978), e si avranno le prove di ciò che andiamo dicendo.
Eppure, nonostante il tanto amore ricevuto, la città non è stata altrettanto generosa verso il figlio più illustre che ha avuto nel corso del Novecento. Sulle cause di questo affetto non ricambiato si è molto discusso. Si è parlato dello sdegno di Pertini per il “caso Teardo”, del suo essersi sentito tradito da alcuni dei suoi stessi compagni di Partito e delle sfuriate che ebbe con molti politici cittadini: ed è in parte vero. Si è detto che i Savonesi non lo amarono perché, da Presidente della Camera prima e della Repubblica poi, fece poco o nulla per la città: ma questo va tutto a suo merito, essendosi egli comportato, da politico, in maniera davvero integerrima, rifuggendo da ogni tipo di favoritismi. Si è ricordata la circostanza che, negli ultimi anni della sua vita, a Savona non veniva più, ma preferiva trascorrere i momenti di libertà e di vacanza tornando a Nizza, dov’era stato esule tra il 1927 ed il 1929, risiedendo con la sua Carla nel suo piccolo “studio” di rue Pastorelli numero 49.
In realtà, per capire la verità sulle origini di questo rapporto di “amore contrastato” tra Sandro e la sua città, bisogna andare molto indietro nel tempo. Ed è una verità intima e delicata, che tocca il privato dell’uomo e che, per rispetto verso tutti coloro che furono coinvolti in quelle vicende e che non ci sono più da tanti anni, non va né indagata né approfondita. Si deve tornare ai mesi successivi alla fine della Seconda Guerra Mondiale, all’estate e all’autunno del 1945. Al tempo in cui Pertini rientrò a Savona e, finalmente, dovette dire alla fidanzata che l’aveva atteso «per oltre quattro lustri», che non l’amava più. E che il suo cuore era per Carla.
Molti Savonesi, anche tra coloro che erano più vicini a lui, non lo perdonarono per questa sua scelta. Ed egli stesso, come scrisse nell’aprile del 1946, non si perdonò: «…ma d’altra parte come rinunciare ancora una volta alla vita, dopo avervi rinunciato per ben quindici anni? Lo so che molti mi condannano, ma essi non conoscono e non conosceranno mai ciò che si è svolto e si svolge ancora nell’animo mio».
Una simile vicenda, oggi – degna di giornaletti di pettegolezzi – non susciterebbe alcun interesse. Ma quella era, davvero, un’altra epoca. E quell’episodio fu alla base di molta sofferenza.
Da allora Pertini si sarebbe sempre sentito malgiudicato dai suoi concittadini e il rapporto con Savona si incrinò.
Oggi, giustamente, queste vicende private ed umane non devono aver più alcuna importanza. É bene che il silenzio cali su di esse perché chi allora soffrì – e furono molti – merita rispetto. E l’uomo Pertini va ricordato, dal punto di vista storico, per il suo passato di combattente, di antifascista, di partigiano e di uomo politico. Per ciò che ha fatto da personaggio pubblico. E per i valori che ha saputo incarnare da Presidente della Repubblica, in un’epoca in cui ve n’era disperatamente bisogno.
                                                                         Giuseppe Milazzo

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