Apre in questi giorni a Londra alla prestigiosa Saatchi Gallery nel quartiere di Chelsea, la più grande retrospettiva mai realizzata sui Rolling Stones. La scelta del luogo non è casuale perché a meno di mille metri dai due piani della galleria, si trova il primo appartamento condiviso da Jagger, Richards e Brian Jones nel lontano 1962. “Exhibitionism” (Esibizionismo) è il nome scelto per questo viaggio attraverso gli anni che, grazie anche agli Stones, ha visto il cambiamento di moda e costumi oltre che della musica. Gli Stones hanno influenzato nel bene e nel male intere generazioni di giovani in tutto il mondo, la mostra ripercorre la loro storia con l’aiuto di più di 500 cimeli, simulazioni 3d, e foto inedite.
Tutto ebbe inizio proprio in quell’appartamento al 102 di Edith Groove descritto da Jagger in una recente intervista come “puzzolente e disgustoso”. Tra quelle mura i giovani Mick, Keith e Brian davano il via alla leggenda tra lavoretti casuali, birra e dischi dei maestri di blues. In questo secolo musica e società sono cambiate radicalmente e con loro, in parte gli Stones. Jones morirà nel 1969 annegando nella piscina della sua lussuosa villa per abusi vari di alcol e droghe tra l’indifferenza degli oramai ex-compagni. Lo stesso quartiere di Chelsea, ai tempi centro pulsante di tutto il movimento della “Swinging London” e simbolo di quella rivoluzione giovanile dei sessanta, è diventato un quartiere residenziale di miliardari russi. Nonostante tutto questo, l’appartamento rappresenta ancora oggi un punto di riferimento tanto che Exhibitionism ne contiene una fedelissima riproduzione.
Tra i vari pezzi che si possono ammirare in esposizione, non potevano mancare le testimonianze delle varie collaborazioni che gli Stones hanno condiviso con artisti del calibro internazionale come Martin Scorsese e Andy Wharhol, che realizzo per loro due copertine per altrettanti Lp. La prima, e certamente la più celebre, è la copertina con jeans e cerniera lampo (apribile nella prima edizione) di Sticky Fingers, copertina censurata dalla spagna franchista del periodo che optò per due dita (dal titolo tradotto “dita appiccicose”) che fuoriuscivano inquietanti da un barattolo di marmellata. La seconda copertina che l’artista Newyorchese realizzo per la band è quella di Love you Live, un disegno stile Wharol che rappresentava gli Stones stessi che si mordevano tra loro. L’ormai famosa boccaccia disegnata da John Pasche miscelando le labbra pronunciate di Jagger con la lingua della dea indiana Kali, fa bella mostra di se sui manifesti della mostra.
Per coloro che hanno sempre sognato di salire sul palco insieme agli Stones, la mostra prevede una simulazione tridimensionale che porta il visitatore direttamente a contatto con i musicisti durante un concerto e nel Backstage, chiaramente molto spazio è dedicato agli abiti di scena di Jagger e alle chitarre di Richards. Il primo ha contribuito alla mostra con il suo guardaroba, a suo dire unici souvenir conservati in questo mezzo secolo di concerti. I capi danno un idea di come il 72enne nominato Sir dalla regina nel 2003, si sia trasformato da ribelle anticonformista a icona istituzionale del rock mondiale.
La mostra allestita dall’azienda australiana Iec (International Entertainment Colsulting) e con l’attiva partecipazione dei quattro artisti, si snoda in nove aree tematiche con scenografie di concerti, registrazioni inedite, bozze di testi, poster e album originali. La loro musica avvolge il visitatore e lo guida in un viaggio incredibile attraverso i cinquant’anni che hanno sconvolto il Rock e non solo. La mostra rimarrà aperta fino al 4 settembre.
Nei primi anni settanta Jagger cantava “Time waits for no one” (il tempo non aspetta nessuno), beh… sembra che per loro abbia fatto un eccezione .